Oggi il marketing è diventato un’esplorazione psicologica per tentare di capire e influenzare percezioni, bisogni e aspirazioni dei potenziali clienti: da qui parte la riflessione di Luca Alberigo, CDO di GBS Group.
Qualche settimana fa ho comprato la nuova Insta360 GO 3, e mi sono reso conto soltanto dopo del processo mentale di acquisto intrapreso online. Non ho preso in considerazione risoluzione, frame rate o luminosità dell’ottica. Ho visualizzato il modo in cui l’avrei usata, la comodità di poter separare la telecamerina dal suo corpo, la possibilità di immergerla in acqua e la possibilità di indossarla anche in moto e nelle posizioni più disparate e creative… Da qui, lo spunto per il post.
Il prodotto in sé non basta più nel marketing moderno
“Le persone non vogliono comprare un trapano con una punta da 6 mm. Vogliono un foro da 6 mm”.
Il celebre detto del Professor Theodore Levitt illumina una verità fondamentale, spesso trascurata nel marketing e nel posizionamento di marca: i consumatori non cercano tanto il prodotto in sé, ma la soluzione o il beneficio che esso fornisce. Questa prospettiva ci costringe a pensare al di là delle caratteristiche o specifiche tecniche del prodotto, focalizzandoci invece su come esso si inserisce nella vita del consumatore, risolvendo un problema, soddisfacendo un bisogno o, ancora più potentemente, evocando un’emozione o un’immagine desiderabile.
Il marketing moderno non è più una questione di “spingere” prodotti verso i consumatori attraverso la semplice pubblicità e promozione. È piuttosto un’esplorazione psicologica, un tentativo di capire e influenzare percezioni, bisogni e aspirazioni dei potenziali clienti.
Dietro a un brand ci sono persone, emozioni e storie
Il posizionamento del brand gioca un ruolo cruciale in questo contesto. Un brand non è solo un logo o uno slogan; è un insieme di associazioni, aspettative e promesse che vivono nella mente del consumatore. Il brand diventa così una sorta di scorciatoia cognitiva, aiutando i consumatori a navigare nel labirinto di scelte disponibili, fornendo indicazioni non solo sulla qualità e affidabilità, ma anche su come quel particolare prodotto o servizio si armonizza con la loro identità personale o con i valori a cui aspirano.
Generare emozioni e immagini evocative è parte integrante di questo processo. Le emozioni sono spesso più potenti dei fatti nel guidare il comportamento umano. Pensiamo ai classici spot pubblicitari della Coca-Cola, che raramente parlano del gusto della bevanda, ma piuttosto evocano immagini di amicizia, divertimento e appartenenza. O consideriamo le pubblicità di profumi, che raramente descrivono l’odore, ma costruiscono invece una storia visuale e narrativa che evoca sensualità, mistero o eleganza. In entrambi i casi, il tentativo è di ancorare il prodotto a un concetto o a un’emozione che va ben oltre il prodotto stesso.
Non è un caso che le aziende investano enormi risorse nell’analisi del comportamento del consumatore, nella ricerca di mercato e nell’identificazione delle “personas” dei clienti. La chiave del successo nel mercato attuale è la capacità di vedere oltre la transazione immediata, e di costruire una relazione duratura con il consumatore attraverso un dialogo continuo, spesso mediato dal brand e dalle emozioni e immagini che esso evoca. Questo non solo aumenta le probabilità di fidelizzazione del cliente, ma crea anche dei veri e propri ambasciatori del brand, persone che, conquistate emotivamente, diventano veicoli spontanei di passaparola.
Il pensiero innovativo di Theodore Levitt ci offre un prisma attraverso il quale guardare l’arte e la scienza del marketing moderno. Non si tratta più di vendere trapani, ma di capire i buchi che le persone vogliono nella loro vita e di comunicare come il nostro prodotto possa aiutarli a ottenerli. Ma ancora più profondamente, si tratta di ancorare queste soluzioni a emozioni e immagini evocative che risuonano a livelli molto più profondi, costruendo un legame duraturo che va ben oltre la semplice transazione commerciale.